È la prima operazione su larga scala per la tutela dei dati personali trafugati, quella avvenuta pochi giorni fa negli uffici di Tim: un fenomeno noto a tutti che vede coinvolti dipendenti infedeli, call center compiacenti ed intermediari e che ha per oggetto ciò che sul mercato è divenuto patrimonio intoccabile (e grazie al GDPR salvaguardato a livello europeo) ma che continua ad avere per le grandi aziende un valore commerciale ai limiti dell'inverosimile: i dati personali degli utenti.
Per l'esecuzione dei provvedimenti restrittivi, di perquisizione e l'attività informativa di questa operazione, il Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche ha dovuto coordinare un team di specialisti in collaborazione con i compartimenti della Polizia Postale di Roma, Napoli, Perugia ed Ancona.
Decine di migliaia gli euro spartiti tra gli operatori infedeli ed i rivenditori dei dati: questo ad oggi è il volume di affari scoperto dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni, con il coordinamento della Procura di Roma, nell'ambito della fase conclusiva dell'operazione "Data Room" e la mole dei proventi (come è emerso da più di una conversazione nella quale alcuni indagati discutono dei corrispettivi, mettendosi d'accordo sulla ripartizione degli incassi illeciti del mese) è risultata di assoluto livello criminale.
Durante le indagini, svolte tramite intercettazioni telefoniche, pedinamento degli indagati e analisi dei sistemi informatici delle piattaforme contenenti i dati, è emerso inoltre che l'attività di commercializzazione delle liste di utenti e dei relativi recapiti riguardava anche i sistemi informatici in uso a gestori del settore "energia", per questo motivo sono tutt'ora in corso ulteriori approfondimenti.
Al momento gli indagati sono responsabili della violazione aggravata dei reati di accesso abusivo a sistema informatico e di detenzione abusiva e diffusione di codici di accesso, della violazione della legge sulla Privacy e della diffusione illecita di dati personali oggetto di trattamento.
Tra gli arrestati ci sono dipendenti infedeli di compagnie telefoniche (i fatidici procacciatori materiali dei "preziosi" dati), gli intermediari (che si occupavano di gestire il commercio delle informazioni estratte dalle banche dati) e i titolari di call center telefonici (che sfruttavano le informazioni per contattare potenziali clienti e lucrare le commissioni per ogni portabilità, che arrivano fino a 400 euro per ogni nuovo contratto stipulato).
Le estrazioni, come verificato nel corso delle intercettazioni, venivano sistematicamente portate avanti con un volume medio di centinaia di migliaia di record al mese. Gli indagati gestivano tali volumi modulandoli a seconda della illecita "domanda" di mercato, come emerge ad esempio da una conversazione nella quale uno degli indagati chiede ad un dipendente infedele una integrazione di 15.000 record per arrivare ai 70.000 pattuiti per il mese in corso, preannunciando un ulteriore ordine per 60.000 utenze di telefonia mobile.
L'inchiesta è stata avviata nel mese di febbraio scorso a seguito di una denuncia nella quale si segnalavano vari accessi abusivi ai sistemi informatici gestiti da Tim e riscontrati a partire almeno dal gennaio 2019.
Fortunatamente questi individui disonesti sono stati segnalati e smascherati e, grazie anche al Regolamento Europeo in materia di Trattamento dei dati personali, sono stati arrestati e verranno puniti secondo quanto stabilito dalla legge.
Pertanto, se non lo hai già fatto, non sottovalutare l'importanza di adeguare la tua attività al GDPR, le segnalazioni (a campione o su indicazione dei tuoi clienti anche occasionali o potenziali) sono sempre dietro l'angolo e le salate sanzioni potrebbero metterti in ginocchio!
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